Forse il “lascito” più grave che la pandemia (lungi, a quanto pare, dall’essere debellata: solo ieri, in Italia, si sono registrati oltre 100.000 casi, in Francia addirittura 200.000, mentre in Cina, dove non si va tanto “per il sottile”, stanno tornando i test di massa nelle aeree metropolitane) è il senso di incertezza e precarietà che ormai è entrato a far parte del nostro quotidiano. La guerra, almeno in Europa, non fa che rendere questa sensazione ancora maggiore.
La percezione della precarietà, nel nostro Paese, forse è sempre stata molto maggiore rispetto ad altri: l’instabilità politica che da sempre accompagna la nostra vita ne è, probabilmente, una delle cause maggiori, non permettendo di “costruire” progettualità di lungo termine. Ma oggi, in questo senso, viene da dire che siamo in buona compagnia.
Una veloce “panoramica” su quanto sta succedendo in altri Paesi aiuta a rendere l’idea: Israele (in questo senso probabilmente più simile a noi) si sta preparando alle quinte elezioni politiche in 3 anni e mezzo, in Francia Macron, dopo aver vinto le presidenziali, ha ceduto la maggioranza del Parlamento alla Le Pin, negli USA, nelle elezioni di mid term previste per novembre, il Presidente Biden è dato al momento perdente (il che potrebbe convincerlo a non ricandidarsi alle prossime Presidenziali), in Giappone è in corso l’ennesima campagna elettorale (tra l’altro proprio questa mattina l’ex Primo Ministro Abe sia stato colpito in un attentato durante un comizio elettorale ed è in fin di vita), ieri in Gran Bretagna il Premier Jonhson, da tempo molto discusso anche per una condotta di vita non esemplare, è stato costretto alle dimissioni sotto la pressione del proprio partito più ancora che dell’opposizione. Insomma, viene da dire che paradossalmente è l’Italia oggi ad essere uno dei Paesi politicamente più stabili, anche se non passa giorno che il premier Draghi non venga “tirato per la giacchetta” da questo o quel partito.
Non è sempre facile determinare “causa-effetto” tra crisi politica e crisi economica: spesso le parti si invertono, diventando una figlia dell’altra e viceversa. Certamente questa è una di quelle fasi in cui è la crisi economica che prevalentemente determina le crisi politiche, evidenziando ancora di più l’importanza della leadership (c’è da esser certi che l’Italia, se non avesse, in questo momento, alla propria guida una persona con una leadership riconosciuta a livello internazionale, attraverserebbe una fase ben più grave di quanto già non sia).
Ne sa qualcosa la Germania, da sempre la “locomotiva” d’Europa. Sarà un caso, ma da quando la sig.a Merkel ha lasciato la guida del Governo, i problemi, per quel Paese (e quindi, conseguentemente, anche per l’Europa) sono aumentati in modo esponenziale. Una causa, se non la principale, va ricercata nei forti interessi economici che erano correnti tra la potenza tedesca e la Russia. L’economia tedesca forse è quella al mondo principalmente dipendente dall’export: anche a causa dell’avvio delle sanzioni, a maggio, per la prima volta dal 1991, la bilancia commerciale è andata in rosso. Proprio in questi giorni, il Governo guidato dal Primo Ministro Sholtz è dovuto intervenire, con investimento di oltre € 9MD, per salvare Uniper, una sorta di Snam tedesca, procedendo anche ad una sorta di nazionalizzazione, soffocata dai debiti e dal restringimento delle forniture provenienti da Gazprom. Ed è noto come l’imprenditoria tedesca sia, in questo momento, la forza che maggiormente si oppone al Governo. La crisi tedesca non può non avere ripercussioni sulla UE, la cui bilancia commerciale, infatti, è andata pure lei in rosso (di € 32,4 MD verso i 14,9 MD positivi nello stesso periodo di 1 anno fa). Ma la situazione, per la Germania, sarebbe ben più grave se avesse “conti italiani”: ma, mentre noi viaggiamo ad un rapporto debito/PIL pari al 150% circa, loro sono quasi al 60%, il parametro imposto dagli accordi di Maastricht. Il che significa che hanno “fieno in cascina” per poter sostenere con forza l’economia, le imprese, le famiglie, mentre noi ogni volta o facciamo “tagli”, soprattutto al “walfare”, o dobbiamo sperare nella “compiacenza” dell’Europa….
Ieri giornata quasi trionfale per i mercati. Il nostro indice MIB, per esempio, ha ottenuto (+ 3%) il miglior risultato dallo scorso mese di marzo. Molto bene tutte le altre piazze europee. Wall Street ieri sera ha chiuso ancora una volta in positivo, con il Nasdaq per l’ennesimo giorno miglior listino (+ 2,15%).
L’attentato di poco fa ad Abe, come prevedibile, sta penalizzando Tokyo, che si è quasi “rimangiato” tutto il guadagno della giornata. Appena positiva Hong Kong (+ 0,13%), mentre Shanghai è leggermente negativa (– 0,17%).
Futures al momento sotto la parità un po’ ovunque.
Spread a 203,90, con il BTP ad un rendimento del 3,30%.
Treasury a 2,98%.
Nuovo minimo per l’€ verso $: questa mattina tratta a 1,0169, dopo aver toccato anche 1,015.
Balzo del bitcoin: come spesso accade, la rinnovata “propensione al rischio” ha riavvicinato gli investitori alle criptovalute. Questa mattina è a $ 21,786, + 7,14%.
Ps: è in corso, come molti sanno, il Tour de France, il vero “campionato del mondo” del ciclismo. Siamo appena alla 6° (oggi si svolgerà la 7°) ma già siamo all’epopea. Ieri si è svolta la tappa più lunga di questa edizione (220km). La media oraria? 49,7km all’ora. Ovviamente, ça va sans dire (siamo in Francia….), ricordiamolo a scanso di equivoci, si corre con bici “tradizionali” (per quanto si possano definire tradizionali le attuali bici da corsa su strada), e non a pedalata assistita…..